Il rapporto tra uomo e cane rimanda a tempi preistorici, quando il primo riuscì non solo ad addomesticare il secondo, ma anche a coinvolgerlo nelle attività necessarie alla sopravvivenza della propria specie. In questa scultura, infatti, Crocetti non rappresenta un episodio di gioco o di affetto tra l’essere umano e la bestiola, ma un momento specifico della caccia. La posizione del cane è quella definita da ferma (o da punta), ossia quando l’animale ha fiutato la preda e la segnala al padrone rimanendo fermo (anticamente seduto, nella pratica venatoria moderna in piedi) e tremando per far comprendere tempestivamente l’attimo di attenzione che l’uomo deve cogliere per freddare la vittima.
Si tratta di una caccia solitaria, differente da quella da inseguimento che viene condotta da un branco di cani: nell’opera del maestro abruzzese l’uomo si è accucciato vicino al cane per calmarlo e osservare da vicino la preda cui rivolge lo sguardo prima dell’assalto. L’uomo è nudo come un eroe greco e dotato di un cappello a falde larghe che ripara dalle intemperie: un contatto con la natura primordiale che sottolinea il ciclo di tutti gli esseri viventi. Come sempre nel catalogo di questi piccoli bronzetti, la scena racconta molto più di quanto realmente visibile, restituendo all’osservatore la possibilità di immaginare oltre la figurazione.
Esposto presso il Museo Crocetti dal 2015.
Inedito