Nella versione del 1968, Crocetti rielabora in senso meno verticale la singolar tenzone tra fiere eseguita sei anni prima (n. inv. 76), anticipando, seppur in maniera accennata, la composizione circolare a sviluppo orizzontale che avrebbe elaborato nel 1974 (n. inv. 77). Le due belve sembrano affrontarsi senza un palese vincitore: l’animale atterrato, infatti, sta assestando un terrificante morso all’avversario sopra di lui, il quale, infatti, allunga il collo nello spasmo di sofferenza.
Dei quattro esemplari del medesimo tema iconografico conservati presso il Museo, questo è indubbiamente quello dai contorni e dalle anatomie meno definite, nel quale la manifestazione del dolore ha il sopravvento sulla resa realistica; si notino, per esempio, gli arti contorti nello sforzo estremo della sopraffazione, già deteriorati dagli attacchi della bestia rivale. È, dunque, la versione meno araldica, ma più vivida; la composizione dove meglio si percepisce lo spasimo della resistenza, l’istintiva forza nel tentativo di sopravvivere.