Come una stele commemorativa del sentimento più istintivo e profondo, l’amore per il proprio figlio, la scultura mostra un abbraccio tra una donna e un neonato, accoccolato tra il collo e la spalla sinistra della madre. Appena accennato il passo, l’idea della fuga è determinata proprio dall’abbraccio così stretto da assomigliare più a un modo per contenere il bambino prima di mettersi in moto.
Volutamente, la scultura è stata lasciata incompleta: la tunica della donna è interrotta bruscamente a livello del ginocchio sinistro e anche il copricapo quadrangolare mostra I lati non perfettamente squadrati; come nel michelangiolesco concetto di trarre dalla pietra una forma che è già insita nella materia, l’opera di Crocetti conserva il ricordo del blocco da cui è stata generata.
Questa archeologia della scultura, per la quale, appunto, l’artista abruzzese ha lasciato a vista parti del marmo così come cavato in origine, è una caratteristica della ricerca di Crocetti propria anche di alcuni lavori in bronzo, nei quali la superficie scabra (Torso, n. inv. 23) o le forme geometriche da cui sviluppare la forma non sono trattate (Donna al fiume, n. inv. 29): la struttura dell’opera è parte integrante del risultato finale, per cui la forma lascia il passo a ciò che è sotteso.
Venanzo Crocetti non diede un titolo all’opera, La fuga fu il nome conferito dall’on. Antonio Tancredi, presidente della Fondazione Crocetti, mentre Maternità è il titolo con cui l’opera è ricordata nel catalogo della mostra del 2013 a Palazzo Venezia (Venanzo Crocetti e il sentimento dell’antico, a cura di Paola Goretti).
2013 Roma, Museo Nazionale di Palazzo Venezia (mostra personale)
Venanzo Crocetti e il sentimento dell’antico. L’eleganza nel Novecento, catalogo della mostra (Roma, Museo di Palazzo Venezia, 2 settembre – 20 ottobre 2013) a cura di Paola Goretti, Roma 2013, n. 83.