L’opera, precocissima, comincia a dar segni di quelle che si sarebbero rivelate come tipiche invenzioni dell’artista tese al depistaggio tematico; adottando cioè modelli iconografici desunti espressamente dalla statuaria antica ma assegnando loro titolazione e attributi attualizzati, mediante nuove salienze iconografiche ed emotive.
Più che l’attimalità di un incontro paesano come già illustrato ne La vendita della vacca (1932, inventario n. 61) che mette a fuoco in modo esemplare le prospettive della solidarietà contadina, dove l’atto di una transazione economica è suggellato da una stretta di mano tra compari, in un contesto rurale di mercato- il gruppo qui scolpito sembra puntare a un’altra direzione. Esso mostra infatti un debito stringente tanto con il modello iconografico della Venere stante ed eretta di rinascimentale memoria sia con le Veneri uscenti dall’acqua di sontuosi lavacri domestici, amorevolmente accolte dalle premure di fantesche al seguito. Si vedano, in tal senso, le numerose scene di genere immortalanti questo momento di intimità, dove una giovane nuda e una vecchia vestita si fronteggiano in un dialogo pieno di premure corporali. Per non fare che un esempio, si pensi alla Betsabea al bagno di Hans Memling (1485 circa, Stoccarda, Landesgalerie): la fanciulla, in atto di uscire dalla sontuosa vasca da bagno tendata, è in procinto di essere accolta dalle cure della fantesca, intenta a porgerle un ampio asciugatoio.
Se ne La vendita della vacca Crocetti recupera intensamente il tema della visitazione, qui sembra rendere omaggio a quello della vestizione, assecondando il suo spirito devoto alle antiche soluzioni, nell’intrico amicale di anime e corpi; in un dinamismo dai forti valori plastici che insiste sull’umanità della forma, sviluppando un dialogo senza gerarchie. In tal senso, è assai probabile che l’artista avesse in mente questi incontri di altra epoca, ricongiungendosi ai prototipi di impronta venusiana adiacenti le prospettive del bagno; sebbene la sontuosa teatralità degli allestimenti scenici venga completamente eliminata in favore di un’asciuttezza contenutissima e di una maggiore concentrazione sul colloquio tra le due, è alle vestizioni della bellezza che l’opera guarda. Entrambe le donne danno vita a un movimento vitale di reciproco sostegno e vicinanza che ha i tratti del conforto e della reciprocità; uno sguardo tattile, teneramente sostenuto dall’alternanza delle età.
Realizzata anche in marmo l’opera contempla una variante molto più grande (cm 163 x 88 x 53) ma dai contorni tozzi e sbozzati, specialmente nelle figure dell’aggraziata fanciulla; la scultura è attualmente alloggiata nel giardino della Fondazione. Nel passaggio al bronzo l’opera si smagrisce, assumendo proporzioni assai gradevoli nell’armonia dell’insieme; i volumi della figura più anziana risentono di una variazione meno estesa, meglio precisandosi nelle fioriture dei particolari.