Comincia con quest’opera la lunga avventura delle bagnanti, delle donne in atto di asciugarsi, delle ragazze sedute e accovacciate, nude, flesse o raggomitolate ma sempre raddolcite, tanto nella posa che nell’espressione del volto: una delle cifre più rappresentative dell’opera del Nostro in cui si rispecchia l’istanza della soavità e il vibrato sensualissimo, in tessitura di grande naturalismo. Nel dispiegarsi artistico, intuitivamente ed emotivamente disteso, pieno di venature.
Flessa e ventosa, la figura reca già in piccolo la lezione degli studi scultorei di alta epoca, intensamente rivolti all’assimilazione di particolari tipologie della statuaria greca: le Tanagrine. Statuette in terracotta di piccole dimensioni abbondanti nei corredi funebri di Tanagra (città della Beozia al nord della Grecia; a partire dal VI a.C., massimo centro di produzione di questi esemplari), in gran parte rinvenute ad Alessandria d’Egitto, forse per via di maestranza greche lì trasferitesi, le tanagrine paiono riversarsi anche in Crocetti, mutando di dimensione e costellando l’intero tracciato della produzione dell’artista.
Eseguite in antico con più matrici, raffiguranti donne elegantemente panneggiate, danzatrici avvolte in mantelli dalla vivace policromia, fanciulle e ragazze: in piedi, sedute, danzanti, con strumenti musicali -talvolta, con bambini in braccio- le tanagrine hanno gesti affusolati (la posa classica è in piedi o in atteggiamento rilassato, con gambe accavallate che creano movimenti di grazia sotto il chitone), placidi e materni, come ispirati a un ritmo lunare pacificato. Crocetti ne riprende il dettato in infinite varianti, riconducendolo alle verità di un quotidiano ornato di svaghi, immortalando fuori da ogni corrosione.
Fin da questo esemplare si evince il tratto della vestale placida, non in atto di profetare; un nudo armonico interamente ammantato che trattiene i lembi della veste, dentro al suo incedere. La posa coglie infatti l’adagio del camminare a capo chino; il corpo, lievemente proteso in avanti, è colto in tutta la grazia della suavitas, accompagnando le forme con gesti rituali, posa cadenzata, silenzio discreto.
A distanza di oltre un decennio, Crocetti avrebbe tirato una nuova bagnante; questa volta in forma monumentale (Bagnante, 1948, Inventario n. 44). In essa avrebbe precisato tutte le flessuosità già in nuce, compreso un ricciolo sormontante il capo quasi in forma di berretto frigio, coronante il manto del consueto avvolgimento.
Dell’opera, esiste(va) una prima variante in terracotta di grandi dimensioni (cm 180) esposta alla XXI Biennale di Venezia del 1938, e una in bronzo. Un’altra variante di piccole dimensioni è attualmente in collezione privata.